
“Da quella porta (foto a destra) s’entrava in piazza del Mercato, il reame dei mercanti e dei lazzari, il luogo dove il boia impiccava e decapitava, la centrale di ogni delinquenza, il quartier generale donde si scatenò Masaniello….Una piazza ovale, vastissima, circondata da case, alcune basse e strette, altre più alte, appiccicate tra loro in malandato scenario. Intonaci caduti, chiazze d’umido, balconcini a pezzi. Vi formavano anello variopinto i teloni dei banchi mercantili. Nel mezzo vagavano bestie d’ogni sorta: s’intricavano fra le persone, squittivano, ragliavano, nitrivano, chiocciavano, starnazzavano, sporcavano. Si camminava su strato molle d’escrementi e fango che il sole, sebbene martellasse, non riusciva ad asciugare….un palco, vestito di lercio drappo nero con filetti argento….Dal palco s’ergeva al cielo arroventato un’altissima antenna a forma d’L rovescia, aggrovigliata di funi” ( la forca).
E’ così che Eleonora Pimentel Fonseca descrive Piazza del Mercato quando vi si reca la prima volta, nel romanzo di Enzo Striano “Il resto di niente”, inconsapevole che un giorno lei stessa sarebbe salita su quel palco per essere impiccata. Quella piazza era l’unica di Napoli a riuscire a contenere tutta la gente che voleva godersi lo spettacolo di un’esecuzione capitale.


Piazza Mercato (nella foto a destra la Chiesa di Santa Croce e Purgatorio) , oggi una delle maggiori piazze di Napoli, inizialmente era uno spiazzo irregolare situato fuori dalle mura cittadine, per questo chiamata “Campo del muricino” (cioè fuori le mura della città). Adibita prevalentemente ad un uso commerciale, fu Carlo I d’Angiò ad abolire il mercato che si teneva alla Piazza di San Lorenzo, e lo stabilì dove lo è ancora, al Muricino. Sorgeva così il “Mercato Nuovo”, per cui il commercio di ogni genere di mercanzie venne trasferito verso la parte Est della città, lungo la riva del mare, nella zona portuale e fuori la cinta muraria cittadina, in un’area libera e lontana dal cuore del centro antico. Dal 29 ottobre 1268 all’11 settembre del 1800, proprio qui si svolsero le esecuzioni capitali: il primo fu Corradino di Svevia, l’ultima Luisa Sanfelice, legata alle vicende che seguirono la soppressione della Repubblica napoletana del 1799. Nel 1781 diverse botteghe in legno presenti nella piazza presero fuoco, così il re Ferdinando IV di Borbone fece costruire un’esedra per collocarvi in sicurezza le attività commerciali. La piazza, poi, è particolarmente celebre per essere stata il luogo dove ebbe inizio la rivoluzione di Masaniello, il quale nacque e visse in una casa alle spalle della piazza.

Piazza del Mercato in un dipinto d’epoca

Decapitazione di Corradino di Svevia nel 1268. Delitto consumato sotto gli occhi del popolo napoletano che inorridì. Corrado di Svevia fu il nipote di Federico II di Svevia ,Imperatore del Sacro romano Impero, re di Germania e re del regno di Sicilia. Nel 1266 Carlo d’Angiò, sostenuto dal papato, sbaragliò Manfredi , figlio di Federico II, e il suo esercito, a Benevento, impossessandosi del regno di Sicilia, che così passò dagli Svevi agli Angioini. Nel 1268 Corradino, che aveva soli 16 anni, percorse l’Italia per combattere contro gli Angioini: voleva riprendersi il regno, ma sfortunatamente per lui perse la guerra e morì decapitato proprio nel Campo del Moricino. Si narra che sul luogo dove avvenne l’esecuzione fu edificata nel 1270 la chiesa di Sant’Eligio, per volere di Carlo D’Angiò e come atto di penitenza verso papa Clemente IV che aveva condannato la brutale uccisione del principe poco più che adolescente. Inoltre nella navata centrale dell’attuale Chiesa di Santa Croce e Purgatorio sarebbe custodito il “ceppo dei cuoiai” su cui probabilmente fu decapitato il giovane.
Nella vicina Basilica di Santa Maria del Carmine Maggiore (foto in basso) sono custodite le sue spoglie.


Basilica di Santa Maria del Carmine Maggiore o Chiesa del Carmine

Esecuzione avvenuta nel 1647 di Tommaso Aniello d’Amalfi, conosciuto come Masaniello. Un giovane nato e vissuto proprio in quelle strade (Vico Rotto), e che in seguito ad una rivolta popolare – contro le tasse imposte dagli allora governanti spagnoli sugli alimenti di prima necessità – era diventato Capitano del popolo napoletano. Il corpo venne sepolto nella Basilica del Carmine, dove il giovane cercò rifugio prima di essere decapitato e trascinato per le strade del Lavinaio (stradicciola ubicata nei pressi di Piazza Mercato).
Nel chiostro della Basilica si trova una statua in suo onore. È dedicata al celebre Masaniello anche la piccola piazzetta che si trova ai piedi del Palazzo Ottieri.
Si giunge così al 1799: sulla scia della Rivoluzione Francese, a Napoli, fu proclamata la Repubblica Napoletana, passata alla storia con il nome di Repubblica Partenopea. Ma nel giro di sei mesi venne restaurato il potere dei Borboni: tutti i repubblicani che avevano aderito alla rivoluzione, tra cui principi, giuristi ed economisti che intendevano applicare i principi dell’eguaglianza, della fratellanza e della libertà contro la monarchia assolutista dei Borboni, furono incriminati di alto tradimento e condannati a morte. Diverse furono le esecuzioni di celebri personaggi, come quella di Eleonora Pimentel Fonseca, Gennaro Serra di Cassano, Luisa San Felice e Vincenzo Cuoco che ebbero luogo a Piazza Mercato.
Piazza Mercato era l’ultima tappa di un condannato a morte prima di salire al patibolo. Durante le ultime ventiquattro ore veniva trasferito dalla prigione alla Cappella della Sommità, “l’anticamera della morte“, un luogo di raccoglimento all’interno di Castel Capuano (chiamato anche “la Vicaria” perché riuniva tutti i tribunali della città ed era il Vicario del Regno a presiedere al governo del potere giudiziario, mentre i sotterranei furono adibiti a soffocanti prigioni) per poter riflettere sulle azioni compiute in vita e pregare il perdono di Dio. Veniva poi raggiunto da un frate membro della congrega dei “Bianchi della Giustizia”, un’organizzazione caritatevole che si era assunta il compito di confortare i condannati a morte. Caratteristica la loro divisa composta da un saio bianco e un cappuccio a punta con dei fori in corrispondenza degli occhi e della bocca che seguivano il condannato con passo lento e cadenzato.


Castel Capuano (la Vicaria)

Poco prima dell’esecuzione, il condannato lasciava Castel Capuano per essere condotto in quello del Carmine (il castello venne demolito nel 1906 per far posto ad una caserma; oggi si conservano solo due torri come memoria della maestosità del tempo), vicino a Piazza Mercato, dove attendeva il suo momento in uno dei “guardioni” del Castello. Da lì partiva il corteo diretto al patibolo: avanti i soldati, poi le guardie borboniche e i Bianchi che circondavano il condannato, una guardia che portava lo stendardo blu e d’oro della Vicaria, il trombetta che avrebbe squillato e strillato annunciando il nome e il titolo del condannato. Vi era una distinzione di trattamento: ai nobili veniva



riservata la decapitazione rispetto all’impiccagione più lunga e dolorosa cui erano sottoposti tutti gli altri. Il corteo costeggiava le imponenti mura del castello fino a imboccare il Vicolo dei Sospiri e l’Arco di Sant’Egidio adiacente alla Chiesa del Carmine, fino a Piazza Mercato dove lo attendeva una folla eccitata che schiamazzava, urlava, umiliava e diffamava il condannato fino alla fine, quando il boia dava un calcio allo sgabello o faceva cadere la mannaia. I cadaveri venivano seppelliti nella fossa comune della Chiesa del Carmine, alcuni in Santa Caterina al Mercato, altri in Santa Maria di Costantinopoli, tutti luoghi vicini al palco delle esecuzioni.
Castello del Carmine: le due torri rimaste e immagini storiche
Fonte Immagini: cosedinapoli.com